Opere d’arte

Interno della Chiesa

Salendo dal centrale corso Umberto si arriva fino al punto più alto dell’abitato, dove, una volta giunti davanti al convento, risalta subito l’ampio loggiato frontale, disposto su quattro arcate, nel quale campeggia, sopra la porta d’ingresso, una lunetta affrescata con i santi Francesco e Domenico presi tra le braccia. L’impressione che se ne ricava ci induce, ancora una volta, al parallelismo dantesco, dove il panegirico del fondatore dei francescani è pronunciato da un domenicano, e viceversa.

Da qui si viene immessi all’interno del convento, che trasmette immediatamente all’ospite un senso di pace e una spiritualità non comuni, a cominciare dal caratteristico chiostro, le cui ampie arcate – dipinte dall’artista camaiorese Domenico Manfredi tra il 1635 e il 1637 – ritraggono il poverello di Assisi che predica amore contornato dai suoi fraticelli nella verde Umbria, fino alla scena della costruzione della Porziuncola.

Tali opere sono intervallate dagli stemmi familiari dei locali benefattori che ne permisero la realizzazione.

Le lunette affrescate – in particolare le sette poste sul lato destro del cortile – mostrano una sequenza iconografica di alcune delle vicende salienti della vita del santo, che vanno dall’episodio di Francesco votato al martirio al cospetto del sultano d’Egitto, a quello in cui consegna l’abito ai suoi primi due discepoli, per tornare all’episodio della rinuncia dei beni paterni e alla propria svestizione davanti al vescovo d’Assisi che commosso lo ricopre col suo manto, fino a quelli della guarigione del lebbroso e del dono dei propri panni a un povero.

È da queste immagini che lo spettatore coglie il contrasto tra la vanità delle cose umane e la gloria celeste, un po’ come il sommo poeta nello stesso canto del Paradiso quando, accolto nel cielo del Sole dall’ineffabile dolcezza del canto dei beati e dalla danza della “gloriosa rota” pensa, per contrasto, alla vanità dei beni terreni e commisera gli uomini per la loro ottusa cecità.
Sono queste rappresentazioni, indubbiamente, che meglio di ogni commento ci fanno comprendere a fondo l’espressione dantesca Francesco e povertà per questi amanti/prendi oramai nel mio parlar diffuso o la ricerca del sacrificio della vita in oriente, o la solitudine sul monte della Verna, o ancora il ricevimento dell’ultimo sigillo da Cristo, ovvero le stimmate; o, infine, l’ascensione al regno dei cieli senz’altra bara che il suo corpo.

Ma il chiostro non finisce di stupire: all’interno di esso infatti possiamo continuare a muoverci ammirati tra gli affreschi murali e godere al contempo dell’emotività del luogo, del ritorno a quel sentire monastico, di quella luce che si diffonde radiosa nel giardino con al centro un grazioso pozzo fatto costruire nel 1551 da padre Raffaello di Controni.
Da qui la visita continua nel refettorio, anch’esso abbellito da pregevoli lunette affrescate, e infine nel vasto giardino esterno, sotto un verde e prospettico pergolato che costituisce un’oasi di serenità dove il tempo sembra fermarsi e farci respirare un’aria di eternità.
Il convento racchiude anche la chiesa, consacrata nel 1567 dal vescovo Alessandro Guidiccioni. A navata unica, secondo l’usuale schema dell’architettura conventuale, conserva all’interno opere d’arte di pregevolissima fattura, a cominciare dai due altari lignei: l’uno posto a destra, intagliato da Francesco Santini (di Cerreto Inferiore) nel 1642, e l’altro, assai simile, realizzato nel 1714 dai maestri Bartolomeo e Alessandro della stessa famiglia (in sostituzione di quello precedente, costruito in pioppo nel 1647), fino al Cristo ligneo con quattro angeli, altra opera di Alessandro Santini, sistemato all’altare di San Francesco. Di grande valore è il dipinto sistemato su uno di essi raffigurante L’assunzione della Vergine con santi francescani di Pietro Ricchi, databile verso la metà del XVIIsecolo. Nella parete destra della zona presbiteriale è conservato invece un dipinto della fine del Seicento di Giovanni Marracci raffigurante L’apparizione di Cristo a santa Elisabetta d’Ungheria.