Integrazioni ed aggiunte

Il quadro dell’Assunzione di Pietro Ricchi

pag. 47

Dopo la pubblicazione di questo libro mi è capitato di vedere una recensione del quadro dell’ “Assunzione della Vergine e Santi” su un testo dal titolo “Pietro Ricchi (1606-1675)”, Skira Editore, pubblicato nel 1996, in occasione della grande mostra di Riva del Garda.

La descrizione del quadro è la seguente: “in alto la Vergine ascende territori celesti sotto la spinta di angeli di varie età e dimensioni: in basso un consesso di santi e apostoli attorno al vuoto sepolcro; si riconoscono, da sinistra a destra, i santi Bonaventura, Ludovico da Tolosa, il Beato Giovanni Buonvisi, Chiara e, forse, Caterina d’Alessandria. Sconosciuto alle fonti, questo dipinto è stato scovato da Vincenzo Tani ed identificato come raro prodotto lucchese (riguardo alla destinazione, naturalmente) del Ricchi da Alberto Ambrosini”. Nel testo sopra richiamato la tela viene datata attorno al 1656-57.

La statua in cartapesta di S. Antonio da Padova

pag. 49

A proposito della statua in cartapesta, citata a pag. 48 del libro (con foto a pag. 46), ho potuto appurare, in occasione della festa triennale del Santo, tenuta il 5 e 6 luglio 2014, che la statua è stata realizzata dalla “Scuola L. Guacci Lecce”, come risulta scritto a sinistra sul basamento.

Il laboratorio, dove l’immagine in cartapesta è stata realizzata, è quindi l’ Istituto di arti plastiche realizzato da Luigi Guacci (1871-1934) a Lecce nei primi anni del XX secolo, dove lavoravano oltre ottanta cartapestai, discepoli delle migliori botteghe del tempo.

Alla morte del fondatore, la ditta fu ereditata dal figlio Gaetano, ma dopo poco fu chiusa definitivamente.

Tante opere, tra cui anche un S. Antonio che si trova a Milano, risultano eseguite attorno al 1902.

La peste del 1630

pag. 123

A proposito della pesta scoppiata nel 1630, dopo la stampa del libro, ho conosciuto dalle “Cronache di Cerreto di Sotto”, edite dal Comune di Borgo a Mozzano nel 2006, che “la strage seguita in Lucca, dal 1630 al 1633, fu calcolata di circa 10.000 persone e queste tre comunità (Borgo, Cerreto di Sotto e Cerreto di Sopra ndr) restarono illese per grazia speciale del Santissimo Crocifisso”. Sempre da dette “Cronache” si apprende che la comunità di Cerreto di Sotto “aveva preso per uso della quarantena la casa in luogo detto in Morante”.

Il calice di Padre Bernardino Michelucci

pag. 132

In occasione della festa triennale di S. Antonio da Padova del 5 e 6 luglio 2014 le nipoti del Padre Bernardino Michelucci, ultimo guardiano del convento, hanno consegnato alla Misericordia il calice che era stato donato al loro zio per la S. Messa novella del 4 aprile 1944.

Una reliquia di San Francesco

pag. 133

Nell’anno 2013 Alda Michelucci, nipote di Padre Bernardino, ultimo guardiano del convento, mi ha consegnato alcuni ricordi dello zio e, tra questi, anche una reliquia di San Francesco, inserita in un contenitore di metallo e vetro. All’interno su di un pannetto di colore celeste la reliquia con la scritta “Sac. S. Franc. Assisi”.

Anche questa verrà conservata insieme alle altre più antiche, che abbiamo ritrovato ed inventariato.

Frati della nostra terra: un frate di Cerreto di Sotto

pag. 159

Dopo la stampa di questo libro, rileggendo le “Cronache di Cerreto di Sotto”, edite dal Comune di Borgo a Mozzano nel 2006, ho trovato notizia di un “Padre Vincenzo Ghineschi (o Ghioneschi), genericamente definito dal cronista della famiglia Santini: “francescano”, che “sul principio dell’anno 1704” mandò “da Roma la reliquia di Santa Giocondina in dono alla compagnia di San Rocco di Cerreto di Sotto sua patria”.

Il cronista Santini scrive ancora che “nel mese di gennaro dell’anno 1712 volle il noto P. Vincenzo Ghioneschi arricchire la nostra chiesa con l’insigne Reliquia del legno della Santa Croce”.

Frati della nostra terra: un francescano di Pascoso missionario in Bolivia

pag. 162

Nell’agosto 2016, scorrendo il libro “PESCAGLIA Gente meravigliosa Terra di genio e tradizioni”, edito da Maria Pacini Fazzi per conto del Comune di Pescaglia, Lucca, aprile 2015, ho conosciuto un frate francescano di Pascoso, che penso sia giusto aggiungere al mio elenco di “frati della nostra terra”. Si tratta di Padre Doroteo Giannecchini, al secolo Massimiliano Candido Giannecchi, figlio di Giovanni Antonio e di Maria Domenica Giannecchini, nato proprio a Pascoso il 9 dicembre 1837, che morì a Tolomosa Grande il 9 aprile 1900.

Dopo aver studiato sotto la guida del padre e dei parroci di Pascoso, nel novembre 185,1 sostenne l’esame pubblico di grammatica latina, italiano, poetica e geografia per entrare nel seminario arcivescovile di S. Martino di Lucca. Il 30 ag. 1853 si trasferì al convento di San Cerbone (Lucca) come novizio dell’Ordine francescano, professando i voti religiosi il 31 ag. 1854 con il nome di Doroteo. Seguì, poi, i corsi di materie letterarie nel convento di Colleviti di Pescia, di filosofia a Giaccherino (Pistoia) e quindi iniziò gli studi teologici nel convento francescano di Lucca, appartenente ai francescani Osservanti. Il 18 ott. 1858 ricevette il diaconato nel palazzo vescovile di Pescia, concludendo un lungo periodo di studi severi e di rigorosa formazione alla vita francescana.

Il convento francescano di Lucca era diventato in quegli anni lo Studio generale dove giungevano i giovani frati che manifestavano doti speciali o che avevano ricevuto destinazioni difficili dai loro superiori. In particolare, dal 1827 al 1840 vi aveva risieduto p. José Matraya y Ricci, che, dopo aver vissuto molti anni in Perù e in Bolivia, ritornato in Italia, era stato incaricato dal governo peruviano di riprendere con la S. Sede i contatti interrotti nel periodo delle guerre d’indipendenza. E nel 1865 nello stato di composizione della comunità furono registrati ventotto giovani francescani trasferiti in America latina.

Nel convento lucchese ilPadre Ginnecchini maturò la decisione di partire missionario in America latina. Il 21 giugno 1859 s’imbarcò a Genova e il 28 agosto arrivò al porto di Montevideo; di lì, via terra, giunse a Tarija, in Bolivia, la notte del 4 genn. 1860.

Suo primo impegno fu quello di concludere gli studi teologici. Non avendo l’età canonica per accedere al sacerdozio, dovette chiedere la relativa dispensa alla S. Sede e l’11 sett. 1860 fu ordinato presbitero a Cochabamba.

Il convento di Tarija era collegio di Propaganda Fide che includeva nella sua circoscrizione missionaria le riduzioni dei Guaranì del Chaco. L’attività missionaria dei francescani tra i Guaranì era iniziata nel 1755 ed era diretta da un prefetto delle missioni, che godeva di poteri quasi episcopali, con personale di origine spagnola. Dal 1835, per riempire i vuoti creati dal processo d’indipendenza della Bolivia (1825), erano cominciati ad arrivare i frati italiani.

Padre Doroteo Giannecchini fu inviato dal prefetto Padre Giuseppe Giannelli alla riduzione, recentemente fondata, di Chiriguanos, Noctenes e Tobas di San Francesco Solano sulle rive del Pilcomayo (un affluente del fiume Paraguay). Si dedicò subito allo studio delle lingue indigene, riuscendo in poco tempo a impadronirsi perfettamente, in particolare, del chiriguano. Di lì passò alla riduzione di Tarairí, ancora in fase di fondazione e successivamente a quella di Caiza. Dal 1864 al 1876 fu di nuovo a San Francesco Solano dove si dedicò alla costruzione della chiesa, della casa parrocchiale, delle scuole per ragazzi e ragazze, degli ambienti per gli ospiti (come richiesto dalle leggi boliviane) e dei magazzini.

Nel 1877 fu nominato prefetto delle missioni e si trasferì al convento di Tarija. Tenne l’incarico fino al 1885, quando ritornò nella regione del Pilcomayo. Dopo aver presieduto in qualità di conversor le riduzioni rese più problematiche dalla pressione degli hacendados, nel 1892 fece ritorno al convento di S. Francesco di Tarija per dedicarsi alla stesura di un dizionario chiriguano-spagnolo.

Nel 1895 ritornò in Italia con l’incarico di cercare missionari. Rientrato in Bolivia il 6 nov. 1896, fu di nuovo in Italia nel 1897 e 1898, per preparare, dietro incarico dei suoi superiori, il materiale etnografico per l’Esposizione missionaria di Torino del 1898. Nel novembre 1898 era di ritorno in Bolivia, dove riprese l’attività missionaria e la stesura del dizionario, fino alla morte avvenuta nel 1900.

Tra le sue opere il libro edito dal Comune di Pescaglia ricorda “LA HISTORIA NATURAL, ETNOGRAFIA, GEOGRAFIA LINGUISTICA DEL CHACO BOLIVIANO”, che viene definita l’opera principale di fra Doroteo. La medesima pubblicazione riporta come commento finale che"quella di Padre Doroteo fu dunque una intensa vita missionaria, che ha fatto di lui una figura esemplare, quasi eroica in mezzo a quel popolo per il quale ha dto molto, ricevendone affetto e riconoscenza, tant’è - riporta ancora il libro edito da Maria Pacini Fazzi - che nella capitale boliviana gli è stato intitolato un ponte”.

I francescani continuano tuttora la loro presenza nelle missioni della Bolivia, tanto che, quando i Frati Minori della Toscana, nel 2006, hanno donato alla Fraternita di Misericordia il complesso conventuale di Borgo a Mozzano, dove dal 1983 era operante il Centro Accoglienza Anziani, la Misericordia, per riconoscenza, ha erogato una offerta proprio alle Missioni francescane della Bolivia.

Un frate di Anchiano: Padre Francesco Maria Giudici

pag. 167

Mentre scrivevo questo libro avevo cercato di ottenere notizie sul convento di Cetona e sull’esistenza di qualche ricordo del nostro frate anchianino, interessando della ricerca la Misericordia di Cetona. Purtroppo i riscontri che mi arrivarono furono negativi.

Il 25 aprile 2014 ho fatto una gita “fuoriporta” e mi sono recato a Cetona; visitando, prima, il convento romitorio di Santa Maria di Belverde e poi il convento di S. Francesco, entrambi appartenenti alla Comunità Mondo X, fondata da Padre Eligio.

Le due strutture francescane sono state recuperate in maniera splendida dai giovani della comunità, che vivono una faticosa ma bella esperienza di vita insieme, che li aiuta a superare disagi e difficoltà. L’accoglienza che ho ricevuto è stata davvero positiva e, appena entrato nella chiesa di quel convento, ho notato sulla parete destra, vicino alle scale che portanto al presbiterio, una lapide in marmo con iscrizioni in latino. Si trattava in realtà di due lapidi, poste una sopra l’altra, scritte con stessi caratteri: una, datata 1715, ricordava un certo Padre Egidio da Celle, mentre l’altra ricordava proprio il nostro “P. Francisci Mariae ab Anchiano”.

Ecco il testo completo della lapide nella iscrizione latina e la traduzione effettuata dall’anchianino Roberto Guastucci:

HIC - IN PACE CHRISTI REQUIESCUNT OSSA VENER: SERVI DEI P. FRANCISCI MARIAE AD ANCHIANO - INCENSI SACER: ORD: MIN: S. FRANCISCI REFOR: - IVI OBIIT IN COENOBIO S. FRANCISCI SCITHONII DIE 24 SEPTEMBRIS ANNI 1782

QUI - NELLA PACE DI CRISTO RIPOSANO LE OSSA DEL VENERABILE SERVO DI DIO PADRE FRANCESCO MARIA DA ANCHIANO - ILLUMINATO SACERDOTE DELL’ORDINE RIFORMATO DI S. FRANCESCO – QUI NEL CONVENTO DI S. FRANCESCO DI CETONA MORI’ IL 24 SETTEMBRE DELL’ANNO 1782

Al termine della mia visita al convento ho incontrato e salutato il fondatore della Comunità Mondo X Padre Eligio (al secolo Angelo Gelmini), presbitero, che negli anni ’70 è stato particolarmente noto per essere stato “consigliere spirituale del Milan” ed amico personale di Gianni Rivera. Padre Eligio ha fondato la “Comunità Mondo X” per il recupero di giovani disagiati che gestisce numerose strutture in Italia e all’estero.

S. Leonardo da Porto Maurizio al Borgo

pag. 180

Nelle “Cronache di Cerreto di Sotto”, edite dal Comune di Borgo a Mozzano nel 2006, che riguardano la fine del secolo XVII e il secolo XVIII, il cronista della famiglia Santini parla ampiamente della predicazione a Borgo a Mozzano di San Leonardo e, addirittura, fa datare un passaggio del grande predicatore per Borgo a Mozzano anche al 1751, anno della morte del Santo, avvenuta a Roma.

Scrive dunque il cronista: “Passando in questo anno dal Borgo per portarsi a Roma nel mese di aprile il degno e zelante Religioso il Padre Leonardo da Porto Maurizio del ritiro di San Bonaventura, e celebre missionario apostolico, si compiacque di fare una predica nel Borgo sopra un palco fatto nella strada presso la casa dello Spettabile Ricci dove il concorso fu moltissimo. Il medesimo essendo stato alcuni anni indietro nello stato di Lucca a fare con gran profitto le sante missioni venne a farle pure nel Borgo abitando nel convento di San Francesco. Benchè abbia io fatto le diligenze per sapere in qual anno precisamente avessero queste contrade la consolazione di ammirare la sua condotta ed udire la sua voce, non mi è riuscito venire in chiaro, abbenchè mi venga detto che ciò seguisse circa l’ anno 1746. Io tuttor mi ricordo , e sembrami ancor di presente vedere quell’amabile e indefesso canuto vecchierello che faceva le missioni nella chiesa del Borgo e ne giorni festivi nella piazza del mercato con un immenso concorso di divoto popolo, e molto più nell’ultima mattina che eretto un altare sopra il palco in detta piazza, vi fu la comunione generale. Mi rammento pure che al termine di ogni sua predica fattosi aprire dal compagno l’abito dietro alle spalle e presa una tagliente disciplina, si batteva si fortemente a Sangue che muoveva a pietà tutta l’udienza, vedendo un religioso di quell’età, e consumato di viaggi, digiuni e fatiche flagellarsi ogni giorno così crudelmente di maniera che alle volte fu veduto qualche Sacerdote salir sopra il palco e toglierli la disciplina. Partendo poi di qui per proseguire come si disse il suo viaggio per Roma, giunto a Gallicano ivi fece altra predica. Giunto finalmente a Roma dopo pochi giorni passò a godere il merito delle sue indefesse fatiche nella gloria celeste con forma di santità. Ed in fatto, dato principio in seguito al di lui processo, furono approvate le virtù in grado eroico e poi nel 1794 fu ascritto al numero dei Beati”.

Il S. Francesco di gesso di Ubaldo Del Guerra

pag. 188

La statua in gesso, realizzata dallo scultore borghigiano Ubaldo Del Guerra nel 1926, che da molti anni si trovava in una cappellina in fondo al pergolato, stando all’esterno, risultava assai danneggiata. Nell’estate del 2014, dopo aver proceduto ad una manutenzione straordinaria delle colonne del pergolato (una era addirittura caduta a terra nel settembre 2013) ed alla sostituzione di tutte le travi che reggono le viti ed i kiwi, la Misericordia ha deciso di restaurare la statua del Santo di Assisi, affidando il lavoro a Simone Fiori, della ditta Arte Barsanti di Bagni di Lucca, davvero uno degli ultimi “figurinai del gesso” della Lucchesia.

La manutenzione straordinaria del pergolato è avvenuta con il prescritto parere della Soprintendenza di Lucca.

Aggiornamento al 28 luglio 2014

L’Organo Agati - Tronci

pag. 231

Nella stesura del capitolo sull’organo della chiesa, costruito dagli organari Agati - Tronci di Pistoia, ho accennato alla revisione generale che lo strumento ebbe nel 1978. Nell’aprile 2015 il prof. Gabriele Matraia mi ha consegnato la fotocopia di una lettera del Padre Bernardino Michelucci, guardiano ed unico frate del convento che, in data 9 aprile 1979, ringraziava lo stesso prof. Matraia, allora Sindaco di Borgo a Mozzano, per un contributo di lire centomila (100.000) che il Consiglio Comunale di Borgo a Mozzano aveva deliberato “per il restauro dell’organo”. Del contributo il Padre Bernardino aveva ricevuto un ordine di riscossione dalla locale agenzia della Cassa di Risparmio di Lucca. Nel ringraziamento il frate scriveva: “Grato per quest’atto di generosità La ringrazio vivamente insieme al Consiglio Comunale anche a nome della Provincia Toscana dei Frati Minori che ho l’onore di rappresentare”.

Il fatto conferma la revisione generale del 1978, di cui ci aveva informato il Maestro Alessandro Sandretti.

Aggiornamento del 18 aprile 2015

Altre conferme delle predicazioni a Borgo a Mozzano di S. Bernardino da Siena (al secolo Bernardino degli Albizzeschi - Massa Marittima 8 settembre 1380 - L’Aquila 20 maggio 1444)

pag. 37

Un’altra “certificazione” sul passaggio di San Bernardino nella terra del Borgo ci arriva da una pubblicazione, di cui sono venuto in possesso nel 2015. Si tratta di un testo di L. Dinelli, dal titolo “S. Bernardino da Siena e il suo tempo”, pubblicato a Lucca dalla “Tipografia, Libreria e Cart. Baroni” nel 1910. L’autore alle pagine 52 e 53 scrive espressamente: “Del resto in molti paesi e della Versilia e della Valle del Serchio è tradizione continua e comprovata dal culto, che in questi luoghi il Santo vi ebbe fin dal secolo XV, che esso Albizzeschi vi abbia predicato, specie al Borgo a Mozzano, per dove passar dovea venendo o recandosi nella Lombardia, come dovea pure toccare la Versilia venendo da Genova per recarsi a Roma”. Nelle note il Dinelli aggiunge una ulteriore specificazione: “Nei libri di memorie esistenti negli Archivi delle due parrocchie del Borgo a Mozzano si trova ricordato che il Santo più volte vi abbia predicato, sia nella Chiesa di S. Rocco, allora semplice Oratorio, sia nella Chiesa di S. Iacopo. Anzi il popolo ammirato verso l’Ordine dell’ Osservanza per tali predicazioni, fece supplica al Papa per l’erezione di un Convento in Borgo, e l’ottenne con Bolla 1 febbraio 1523”.

Aggiornamento del 20 maggio 2015

La famiglia francescana dal 1961 al 1963

pag. 209

Una “vacchetta” delle SS. Messe celebrate al convento del Borgo dall’aprile 1961 al settembre 1963 ci offre la conferma delle presenze di frati in quel periodo. All’aprile 1961 sono presenti il Guardiano Padre Bernardino Michelucci, Padre Carlo Carignani e Padre Vittorino Beneforti. Alla morte di Padre Carlo (+27 ottobre 1961) i frati rimangono 2, fino all’arrivo, nel luglio 1962, di Padre Angelico Rosi. Dal febbraio 1963 risulta presente al convento anche un sacerdote, Don Arturo Mecchi. Nei vari mesi celebrano Messa al convento, in occasioni di particolari festività (come la festa di S. Antonio da Padova nel mese di luglio), i francescani Padre Luigi Nerozzi, Padre Enrico Silvestri, Padre Cipriano Masserini, Padre B. Franceschi, Padre Amedo Domenici. Nell’estate del 1961 risulta presente per diversi mesi un sacerdote, Don Emilio Colò (parente di un inquilino che, all’epoca, viveva in un’ala del convento data in affitto).

Aggiornamento 29 gennaio 2017

Le tele del convento: un nuovo quadro dedicato al Beato Ercolano da Piegaro

inizio pag. 132

Nell’anno 2019 la chiesa del convento si è arricchita di una nuova tela. Un quadro a olio che raffigura il Beato Ercolano da Piegaro, insigne predicatore francescano dell’Osservanza, vissuto a cavallo dei secoli XIV e XV. La decisione di realizzare questo quadro è stata presa in un incontro del “Centro di cultura e spiritualità francescano” che, mensilmente, almeno fino al 2019, si riunisce nel convento del Borgo, con la presenza di fra Mario Panconi ofm: Con esso si voleva ricordare il passaggio, forse anche in diverse occasioni, sul nostro territorio del predicatore. Le sue prediche, come quelle di San Bernardino da Siena e di Bernardino da Feltre, come ricordano le cronache, “fecero ardere nel petto del popolo del Borgo e dei paesi circonvicini una grande devozione verso il Serafico Padre Francesco e stimolarono il desiderio di avere, anche al Borgo, la presenza dei suoi seguaci, per i quali fu costruito il grande convento che oggi ammiriamo (autorizzato da Papa Clemente VII con la bolla del 1 febbraio 1524). Il Beato Ercolano morì a Pieve Fosciana nel 1541 e lì fu sepolto. Il Beato Ercolano è tuttora molto venerato in quella zona della Garfagnana.

Il quadro di cm. 140 x 150 è stato realizzato dalla pittrice Marta Motti di Prato, con un compenso di 700 euro. La cornice è stata realizzata da Luca e Leonardo Cerchi, corniciai in Chifenti.

La presentazione e benedizione del quadro è avvenuta il 21 settembre 2019 con la presenza di Don Francesco Maccari e fra Mario Panconi ofm.

Aggiornamento 5 novembre 2019

Una cartolina indirizzata a Padre Antonio Baroni

pag. 236

Una “cartolina postale italiana”, ritrovata di recente tra vari documenti del convento del Borgo, attesta la presenza di Padre Antonio Baroni al Borgo, “il frate musico”, nell’anno 1897. La cartolina postale, grazie ai timbri postali ben visibili, fu spedita il 18 dicembre 1897 da Buggiano e, nello stesso giorno, arrivò a Borgo a Mozzano. A spedirla da Buggiano un frate di nome Giovanni che, quasi sicuramente, si trovava nel Monastero di S. Scolastica di Buggiano che, nel 1867, fu ceduto al Can. Giovanni Pellicci, il quale lo consegnò ai Minori Riformati di San Francesco, che vi rimasero fin verso il 1912 (anche il convento del Borgo apparteneva ai Riformati). La missiva è indirizzata a Padre Antonio da Dezza F.M. (frate minore) nel Convento del Borgo. Frate Giovanni chiede al Baroni la “parte tenore della pastorella a 3 voci che io vi spedii alcuni giorni fa, la vorremmo cantare anche noi e ci manca la detta parte Se già ci avete rilevato l’accompagnamento – prosegue frate Giovanni –mi fareste piacere a mandarmene una copia”. La cartolina si conclude con “Tanti auguri per la prossima festa e mille saluti”.

Le poste in quel tempo erano davvero efficienti…

Aggiornamento 13 novembre 2019