Una narrazione densa e avvincente -  Dottoressa Antonia d’Aniello Soprintendenza Lucca

“Belle e spaziose sono le corsie di questo convento, bella la vista dagli ampi finestroni sulla valle del Serchio, bello l’orto coll’ampio ed antico pergolato e col bosco di lecci, ombroso e quieto riposo”, così Francesco Maria Pellegrini, nel 1927, descriveva il convento di San Francesco a Borgo a Mozzano enfatizzandone forse la separatezza e il silenzioso isolamento della comunità dei suoi abitanti.

Il panorama che è ricostruito nell’ampio volume a cui con ammirevole dedizione si è dedicato Gabriele Brunini conduce invece il lettore in una realtà affatto diversa: dalla lettura e dall’analisi delle Cronache, dei documenti, dei preziosi libri di cassa fortunosamente e fortunatamente ritrovati nel corso, immagino, del prezioso lavoro di recupero del complesso e del suo patrimonio di libri, oggetti e documenti, l’autore coglie limpidamente e inequivocabilmente come il convento abbia rappresentato nei secoli di presenza dell’ordine francescano, una realtà pienamente inserita nel tessuto sociale, economico e culturale di Borgo a Mozzano. Totalmente in sintonia con i cronisti che hanno lasciato memoria del convento la cui vita si intrecciava a volte saldandosi con ciò che nel mondo borghigiano avveniva, la ricostruzione della storia del convento da parte dell’autore si estende alla storia stessa di Borgo a Mozzano e dei suoi abitanti e ai rapporti che la comunità ha intessuto nel tempo con i territori limitrofi e anche ben più lontani.

La puntigliosa e dettagliata ricostruzione della vita quotidiana del convento, dei momenti drammatici, della solennità delle feste religiose e delle celebrazioni, dei rapporti con le altre comunità religiose del territorio e soprattutto con la popolazione del luogo che dai religiosi del convento molto spesso riceveva consistenti aiuti nei momenti di difficoltà, conduce il lettore nel vivo dell’esistenza di una collettività contraddistinta dalla consuetudine di scambio, contributo, partecipazione e impegno.

Il volume offre anche una considerevole e quanto mai utile quantità di dati documentari riferiti alla storia del complesso architettonico, alle opere d’arte commissionate ed eseguite per gli spazi del convento e tantissimo materiale sui frati che abitarono e professarono la regola nel monastero, sui benefattori, sugli artisti – sull’identità di alcuni dei quali sarebbe assai interessante poter approfondire la ricerca – sugli artigiani e gli impresari che contribuirono a fare del convento l’edificio che oggi vediamo e su quanti si impegnarono e ancor oggi si impegnano (e l’autore del volume fra questi) affinché al complesso non sia sottratto quel ruolo di centro aggregante e di elaborazione culturale rivestito sin dal momento della sua fondazione.

Alle tante notizie, spunti per il proseguimento di studi che ci si augura possano presto avere inizio in una virtuosa continuità con le ricerche che hanno dato vita a questo volume, si intrecciano gradevolmente ricordi personali dell’autore – molto commovente la rievocazione del racconto sulle condizioni di miseria vissute dalla nonna agli albori del novecento, testimonianza di un passato non molto lontano in cui il nostro paese ha conosciuto difficoltà e stenti oggi inimmaginabili – e numerosi aneddoti che offrono al lettore un interessante spaccato di vita reale delle contrade toscane del secolo passato.

Una narrazione dunque densa e avvincente che ha il merito, fra l’altro, di raccontare anche la storia più recente e i passaggi che hanno portato all’utilizzo del complesso come centro anziani nel rispetto della sua storia e delle sue componenti architettoniche e culturali, un riuso che consente la conservazione, il recupero e la valorizzazione delle parti monumentali del complesso, del bel giardino, degli orti, del pergolato.