Il salvataggio del convento
I francescani, come detto in precedenza, riuscirono a salvare la gran parte dei conventi, dalla soppressione del 1866 facendo intervenire ai pubblici incanti dei beni ecclesiastici privati cittadini, società di prestanome o frati che figuravano come persone fisiche e non come religiosi dell’Ordine.
Il 16 agosto 1870 il Prefetto della Provincia di Lucca, con processo verbale di pubblico incanto del 27 luglio 1870 aggiudicò il convento del Borgo, per il prezzo di lire 13.500, al sig. Santi dr. Girolamo il quale “dichiarò” per Don Giuseppe Romanini e Don Giuseppe Moriconi. Nel documento c’è la descrizione del lotto (contrassegnato dal n. 8): “convento con chiesa e terreni ortivi, prativi ed in parte bosco ceduo ed a pastura, in luogo detto Ai Frati”.
Il 25 agosto dello stesso anno avvenne la consegna del bene ai Sigg. Giuseppe Romanini e Giuseppe Moriconi, che erano due frati.
Anche l’Amonaci ci conferma che quando il convento venne messo all’asta, con i terreni circostanti, i frati lo acquistarono tramite un intermediario.
Grazie alle “finzioni giuridiche” che abbiamo visto, la vita religiosa del convento del Borgo continuò quasi nella normalità.
I problemi semmai li crearono i parenti di qualche religioso che, alla morte del loro congiunto, cointestatario del convento, ne pretesero l’eredità. È questo il caso di un contenzioso giudiziario che vide coinvolto, nel 1904, il guardiano Padre Pacifico Bigongiari per una causa intentata dai parenti del defunto Padre Egidio Moriconi (al secolo Giuseppe) di Lombrici (Camaiore) che pretendevano di annullare un testamento che riguardava appunto i diritti di proprietà sull’immobile. Di questo si parla espressamente in un documento, conservato nell’Archivio Storico dei Frati Minori, nel quale il guardiano del convento commenta: “Per non avventurarci in una lite incerta, secondo il giudizio di valenti avvocati, perché la giurisprudenza italiana propende a riconoscere nei testamenti nostri (religiosi) un’interposita persona che rappresenterebbe l’Ordine, ossia l’Ente morale (allora) soppresso, cui si vuol lasciare (i beni); e poiché i testamenti ad interposta persona, secondo il codice italiano sono nulli, si giunse ad un accordo con i parenti. Un accordo che all’inizio del Novecento costò una grossa cifra.
Il contratto fu rogato dal sig. Francesco Notaro Giorgi nel suo studio in Lucca alla presenza del sottoscritto p. Bigongiari, di tutte le sorelle e cognati del fu p. Egidio, meno del fratello che stava a Nizza, il quale fu rappresentato per procura da un cognato. Erano presenti pure i sigg. Avvocati Giuseppe Giovannini (del Borgo), per noi e Giannini Umberto per i Moriconi. La somma voluta dai pretendenti fu di £. 900.00. In più £. 53,35 andarono al notaro; £. 14,00 all’avv. Puccinelli per aggiornamenti, causa e ricognizione. L’avv. Giovannini e il notaro Giorgi, per amore a S. Francesco, non pretesero nulla. Per fare fronte alle spese dell’accordo coi Moriconi, non avendo il Convento mezzi sufficienti, si prese e si levò dalla Cassa di Risparmio di Lucca un libretto di Domenico Maraccini nostro vecchio garzone della somma di £. 909,96, con la promessa di pagargli l’interesse del 3% e restituirgli la somma poco a poco – firmato p. Pacifico Bigongiari, Guardiano. A dì 12 settembre 1907” – fu annotato – “si restituì a Domenico Maraccini, nostro garzone, la somma di £. 909,96”. Di questa “lite” ci dà notizia anche lo stesso Padre Pacifico Bigongiari nelle sue Memorie; questo fatto, che gli piovve addosso appena arrivato al convento come guardiano nel 1904, gli procurò grande affanno e tristezza.
Con i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929 firmati tra Benito Mussolini, Capo del Governo Italiano e il Cardinale Segretario di Stato Vaticano Pietro Gasparri si chiuse, finalmente, il contenzioso tra lo Stato Italiano e la Chiesa e gli ordini religiosi poterono tornare in possesso dei beni.
Il 28 luglio 1933, con atto Franchi, Repertorio 17672 – Fascicolo 5060, il padre Biolchi, nella sua qualità di liquidatore della Società Anonima Cooperativa Bonaventura, a cui erano stati trasferiti nel frattempo gli edifici e i terreni che facevano parte del complesso conventuale del San Francesco del Borgo, retrocedeva alla Provincia di San Bonaventura “gli immobili siti in Comune di Borgo a Mozzano con annesse aree distinti in catasto – sezione M – particelle N. 220, 221, 226, 213 in parte, 222 in parte, 218, 219, 214, 217, 223, 211, 209, 212, 215, 226, 213 parte – per braccia quadre 28.013 e per fabbricato pervenuto alla Società Anonima Cooperativa Bonaventura con atto Calabresi in Roma il 24 dicembre 1928 n. 9070 vol. 470”. L’atto fu registrato a Firenze il 10.08.1933 al n. 981 vol. 397 – B/1 convento mc. 5252, trascritto in Lucca il 21.08.1933 vol. 559.
Di questi atti ci dà notizia il Padre Camillo Bensi in un suo libro; il Bensi era Economo della Provincia Toscana dei Frati Minori nel momento della cessione in comodato del convento alla Misericordia di Borgo a Mozzano.