Le soppressioni

Proprio il fascicolo sulle vestizioni avvenute nel periodo 1780 – 1880 offre l’ opportunità di riprendere l’argomento riguardante le vicende dell’Ordine Francescano e l’appartenenza alle varie “famiglie” francescane del convento del Borgo: a quella degli Osservanti, nei primi decenni dalla fondazione, a quella dei Riformati a partire dal 1598.

In Toscana , fino ai primi anni del XX secolo, Osservanti e Riformati hanno vissuto nei rispettivi conventi senza sostanziali contrasti.

I problemi, semmai, sono nati dal rapporto con l’ autorità civile che, in più occasioni, sotto i diversi regimi, hanno pesantemente condizionato le comunità religiose, quando non ne hanno tentato addirittura l’eliminazione.

La politica ecclesiastica di Pietro Leopoldo di Toscana, attuata con un decreto granducale del 23 settembre 1789, costrinse ad abbandonare il territorio granducale tutti i religiosi “esteri”, tra cui sono da considerarsi (cosa che oggi ci apparirà strana) i religiosi dei conventi dei Riformati che facevano parte del Ducato di Lucca e non del Granducato di Toscana, cioè quelli di Lucca, Viareggio, Camaiore e Borgo a Mozzano. Tali conventi furono quindi costretti ad unirsi in una “Custodia Lucchese”, che prese il nome di “San Giuseppe” decisa con Decreto del Ministro Generale Padre Pasquale da Varese in data 27 Giugno 1789 (Custodia Lucchese dei Minori Riformati). Tale Custodia fu eretta in Provincia con Decreto del 23 Settembre 1791, sempre con il titolo di “San Giuseppe”.

All’intromissione del Granduca seguirono altri periodi turbolenti, nei quali le Province Minoritiche di Toscana, che già avevano subito gravi danni dai nuovi perturbamenti politici, vennero addirittura soppresse con il Decreto di Napoleone Bonaparte del 13 settembre 1810.

Le soppressioni napoleoniche per Borgo a Mozzano furono davvero tragiche, perché colpirono il “Convento dei Frati”, il Monastero delle Teresiane, le cui religiose si dispersero e il Convento delle Figlie di San Francesco per il quale le conseguenze della soppressione si faranno sentire a lungo, addirittura con il passaggio alle Suore Dorotee della “casa madre” di piazza del Mercato.

Riguardo a questi fatti l’Amonaci ci dice che “la soppressione napoleonica raggiunse i conventi della Custodia Lucchese nel 1808. Nonostante la vendita dell’immobile da parte del demanio ad alcuni abitanti del luogo il convento del Borgo continuò ad essere abitato da tre religiosi con il consenso dei proprietari fino al 1818, quando di fatto l’edificio ritornò in possesso dei frati”.

È giusto soffermarsi, sia pure brevemente, su questo tema delle “soppressioni”, di sicuro sconosciute ai più. Fino a metà del 1700 le istituzioni ecclesiastiche beneficiavano di privilegi, esenzioni e immunità di vario genere, ed erano depositarie di una parte consistente della ricchezza immobiliare, specialmente fondiaria, oltre a fungere da centri di raccolta e smistamento di somme considerevoli di denaro che, sotto forma di tasse, gravami e livelli, entravano nelle loro casse. Le istituzioni religiose provvedevano anche, spesso in via prevalente rispetto agli Stati, all’esercizio delle attività assistenziali ed educative. Dopo la metà del ‘700 cominciò a manifestarsi la volontà dei sovrani e dei loro governi di ridimensionare l’influenza che le istituzioni ecclesiastiche e particolarmente gli ordini e le congregazioni religiose esercitavano sulle popolazioni, con l’intento, anche e soprattutto, di acquisire e rimettere in circolazione i relativi beni, ottenendo una contrazione del flusso di denaro che, sotto forma di tributi e contribuzioni varie, usciva dai confini degli Stati diretto verso Roma. Abbiamo già visto come la “soppressione” napoleonica fu preceduta, nel Granducato di Toscana, da varie leggi e motupropri del Granduca Pietro Leopoldo che, di riflesso riguardarono anche i conventi francescani della Lucchesia. Ma è il decreto napoleonico del 13 settembre 1810 che impose la definitiva e generale soppressione, con la chiusura dei conventi, che fu stabilita entro il 15 ottobre dello stesso anno; decisione accompagnata dal divieto, in vigore dal 1 novembre, per i religiosi, di portare l’abito regolare. Va aggiunto che fin dal 1808 per monasteri e conventi alla povertà materiale si era aggiunta l’incertezza del futuro. Già nell’aprile di quell’anno, infatti, dei commissari governativi avevano visitato e inventariato conventi, chiese, cappelle, archivi, scuole ed avevano espropriato quadri e oggetti di valore e argenterie che avevano inviato alle varie zecche di stato. Dal 1810 molti religiosi e religiose non ebbero più nemmeno una casa e dovettero ritornare dai parenti o arrangiarsi come meglio poterono. La situazione cambiò dopo la caduta di Napoleone, nel 1814. In Toscana, con il ritorno di Ferdinando III come Granduca, i superiori generali degli Ordini prepararono il ripristino dei rispettivi monasteri e conventi. Dal governo granducale fu istituita una Deputazione sopra i beni ecclesiastici, ma la povertà della popolazione era grande e, così, molti piccoli conventi non furono più riaperti e, per taluni grandi conventi, fu stabilito opportuno compensare gli espropri con dei fondi, invece di restituire i beni, che ormai facevano parte del patrimonio pubblico, o erano stati venduti a privati.