La vendemmia, le stagioni, le coltivazioni

Pochi giorni dopo il suo arrivo al convento, il 31 agosto 1904, Padre Bigongiari aveva assistito alla raccolta dell’uva della pergola, per fare i “regali dell’uva” e, da quel momento le Memorie seguiranno con attenzione la maturazione dell’uva, l’incertezza dei raccolti e le vendemmie.

Nel dicembre 1904 fa un resoconto della vendemmia di quell’anno, il primo della sua presenza al Borgo: La vendemmia di quest’anno – scrive – è stata buona, si è raccolto nel nostro orto circa 70 barili di vino senza contare l’uva scelta, circa 3 barili, il vino per le Messe un barile e più, per la mostarda assai, tutti i regali dell’uva e l’uva asserbata. Per cui, mettendola, l’uva, tutta insieme si sarebbe raccolto oltre 80 barili di vino.

A quanto raccolto in convento si aggiunge la questua del vino, che i frati fanno in paesi vicini e lontani, risultata assai abbondante, anche senza la questa di Torre, dove non si è potuto mandare nessuno per mancanza del questuante; sicché in cantina abbiamo oltre 200 barili di vino. Padre Pacifico ricorda che la questua è stata fatta perfino a Veneri, dove è andato il padre Annibale.

Una “famiglia” numerosa, come quella che aveva il convento almeno fino alla fine del 1800, poneva problemi significativi dal punto di vista economico e le difficoltà erano tante. Dall’orto, dalla vigna, dalle bestie nella stalla e dagli animali da cortile ci si aspettava un contributo indispensabile alla sopravvivenza della comunità e, dalle questue, soprattutto di vino e olio, arrivava un aiuto significativo. Per questo p. Pacifico è molto attento all’andamento del tempo e delle stagioni ed ai riflessi sulle coltivazioni ed i raccolti. Il suo umore, come abbiamo detto in precedenza, è molto influenzato dall’andamento meteorologico e si unisce ad uno stato di depressione e rassegnazione che ha accompagnato per tutta la vita il nostro frate, anche quando era più giovane.

Anche di fronte ai fenomeni meteorologici, però, si appella sempre alla sua Fede profonda e non si stanca mai di confidare in Dio, perché Iddio ha guidato sempre bene !

Qualche volta fa ricorso anche alla scienza, come quando il 6 luglio 1905 scrive: dai primi di luglio fino ad oggi è stato un caldo fenomenale, dice il padre Rodriguez della Specola Vaticana, per una speciale posizione della terra per cui non soffiava vento affatto. Se avesse durato non si avrebbe retto a tanto calore.

La seconda vendemmia a cui assiste il nostro frate, quella del 1905, non si preannuncia tanto buona; l’uva non matura e così, già il 30 settembre, la raccolta è conclusa, con un tempo piovoso da giorni, per cui dell’uva n’è marcita parecchia. Il vino quest’anno – scrive nelle Memorie – non sarà buono come or è l’anno e neppure la raccolta.

E infatti il raccolto dell’orto e della vigna, compreso lo strizzo dà, come risultato, 20 barili meno dell’anno precedente e il vino è meno buono. Il tempo è cattivo ed anche i religiosi alla questua del vino ritardano a partire. Padre Pacifico si lamenta e scrive: quest’anno non sono riuscito a trovare un frate disposto ad andare alla questua del vino a Veneri. Ho dovuto mandarvi il cucinaro. Sempre è andato un sacerdote; ma oggi il progresso è entrato da per tutto e si crede che sia disonore andare alla questua…

L’umore del padre guardiano è davvero mutevole e alla fine del mese di ottobre scrive: la vendemmia è stata favolosa. In più posti si è vendemmiato due volte… Noi si credeva in quest’anno di rimettere poco vino, e invece non abbiamo più vasi da riporlo. La Provvidenza sia benedetta.

Il buonumore persiste anche per altri raccolti e il 31 ottobre 1905 scrive: è portentosa quest’anno la quantità delle olive. Se la stagione è favorevole, non si ricorda annata più abbondante di olio. Anche per noi è un bene, perché nell’anno decorso se n’è dovuto comprare 6 barili con sbilancio delle nostre finanze. Eppure si spera di non fallire quantunque i mezzi siano limitati, attesa la grossa famiglia che siamo. Basta essere buoni e la Provvidenza non abbandona !

Il 1° novembre 1905 si scatena una burrasca terribile d’acqua, grandine e vento e p. Pacifico scrive: almeno siano salve le olive ! L’invocazione non è troppo ascoltata e le Memorie riportano che il 10 novembre c’è stata una grandinata terribile di circa 4 ore, che devastò tutti gli oliveti pieni di olive, anche nel Camaiorese, fino alle Seimiglia. Dicono che gli olivi assomigliano a granate ! Tutto questo – scrive ancora padre Pacifico – fa sgomentare la povera gente che ha le olive in terra.

A dicembre le Memorie riportano che: finalmente è un tempo magnifico e i contadini hanno avuto agio di seminare quanto hanno voluto, mentre per il tempo cattivo passato pareva disperata la semenza. E come sempre una conclusione piena di Fede: nel mondo non bisogna mai sgomentarsi, la Provvidenza divina assiste !

A maggio del 1906, il giorno dell’Ascensione, il Nostro annota: il tempo è stato bello assai; pare che il freddo e la grandine dei giorni passati abbiano fatto qualche danno. La Divina Provvidenza ci guardi! Le viti però e i gelsi ne hanno toccato assai.

Anche in quegli anni il tempo era molto piovoso e le burrasche non mancavano, tanto che padre Bigongiari scrive il giorno 18 giugno: le burrasche continuano sempre. Che vorrà essere! Iddio è sapientissimo regolatore di tutto. Non è possibile che nel procurare il nostro bene trovi intoppi.

Ancora non si parlava del buco nell’ozono e dell’ inquinamento ma già faceva un gran caldo, tanto che il frate scrive il 27 agosto: abbiamo un caldo forte, con asciuttore, massime nelle colline da far temere per le uve e le castagne. È dal 4 luglio che non piove. E la conclusione del ragionamento, come sempre, è quella dell’uomo di Fede: Iddio si rammenti di noi poveri miserabili peccatori !

Il 3 settembre la situazione non è migliorata: abbiamo un asciuttore tremendo. I castagni ingialliscono, le uve maturano male, i granturchi settembrini sono iti, l’erbe tutte secche. Il Signore ci consoli con una pioggia benefica!

Il 29 settembre la vendemmia è finita, in due giorni. È stata scarsa, poco più della metà del tino. Si spera però che il vino sarà buono, essendo l’uva maturata bene e perfetta. Il 6 ottobre, passata la festa di S. Francesco si imbotta, il vino è poco, 22 barili, ma è buono. Nulla si dice quest’anno della questua del vino.

Le Memorie riportano che Il 1907 si è aperto con un freddo terribile e lungo che non si rammenta dai vecchi come me… L’influenza domina dovunque ed ha fatto delle vittime, come sarebbe il povero Sig. Girolamo Notaro Santini che in pochi giorni si è spento. Però – aggiunge il Nostro – era vecchio…

Anche in convento vi sono diversi influenzati e ha principiato a prendere anche i Parroci. Il guardiano è preoccupato e lo scrive, perché con tutti questi frati influenzati va un visibilio di latte, ed anche la farmacia guadagna, pazienza! Di fronte all’epidemia influenzale, i più tosti, oltre al guardiano, sono stati padre Serafino e padre Antonino Micheli, che se la sono cavata appena con una leccatina di influenza.

Con il grande freddo di inizio 1907 la campagna non muove nulla. I peschi che sono i primi sono sempre chiusi.

Anche a maggio il tempo è orribile… acqua, vento e grandine; il mese di maggio è entrato male. Vedremo Iddio, che ci ha mostrato una campagna ben disposta, se per i nostri peccati renderà vane le nostre speranze. Ci usi misericordia.

A fine mese, proprio per il Corpus Domini, il tempo è migliorato assai, per cui la campagna si è vestita splendidamente. Andando e ritornando a Lucca, con il treno, padre Pacifico, lungo lo stradale ferroviario, ammira la bellezza della campagna. I grani che un mese prima facevano pietà, ora invece appaiono bellissimi. La Madonna ci benedica in tutto. E dopo qualche giorno, ancora scrive: la campagna è bellissima, conforta e consola. Non si ricorda di aver veduto sfiorire l’uva così bene: tutta uguale e tanta. Il grano è un poco aggiaccato, ma granito e dà buona speranza. Iddio nella sua bontà e misericordia non guardi ai nostri meriti; non ci tolga i raccolti, dopo averli fatti sperare abbondanti. Io da parte mia – conclude il Nostro – gli sono riconoscente.

Il 29 settembre 1907 può principiare la vendemmia, che riempie di gioia Padre Pacifico: l’uva è bellissima bianca e nera; e tanta, in modo che a guardarla viene quasi da piangere per l’allegria!... Chi sa che vino! Il guardiano ha fatto la botola per comodo del tino. (La botola è ancora oggi visibile e funzionante nel cosiddetto “salottino” del convento, stanza che si apre sul chiostro, oggi adibita ad ufficio). La tanta uva riempie il tino, la botte grande, un’altra botte e una botticella; c’era spietata… scrive padre Pacifico.

Davvero in quegli anni il clima al Borgo, almeno nella visione di padre Pacifico, volgeva più al brutto che al bello.

Anche il luglio 1908 fu brutto, se il Nostro il giorno 18 scrive: è stata una giornata proprio fuori stagione. Ha piovuto quasi tutto il giorno con un clima da ottobre, per cui alla campagna dev’ essere di danno, massime all’uva che continuamente s’ infetta e s’ inasprisce. Iddio ci aiuti! Per la frescura dei giorni passati e per la nebbia che continua ha sofferto molto l’uva, n’è sparita assai, come bruciata. Vedremo!

Anche a Ferragosto, l’acqua disturba il festone a Diecimo di Santa Maria, alla sera non incendiarono neanche i fuochi.

Il 28 settembre 1908 si è principiato a vendemmiare – scrive padre Bigongiari – ma quest’anno non si è avuta una vera estate, via via ha piovuto e si è smorzato il caldo, con gran danno alle uve, almeno da noi. Le uve sono molto brutte, marcie. Si è imbottato ma ha corrisposto male, in tutto 50 barili.

Anche per quest’anno non si parla della questua del vino, ormai, forse, è stata abbandonata…

Anche i primi mesi del 1909 sono un susseguirsi di tempo brutto e di gran freddo che angosciano padre Bigongiari che, quasi ogni giorno, annota lo sgomento. L’esser nato a Quiesa ed aver vissuto gli ultimi 25 anni a Viareggio, evidentemente, hanno fatto abituare il Nostro a stagioni diverse da quelle che ha trovato a Borgo a Mozzano, in una valle stretta tra i monti, condizionata dall’’umidità del fiume. I giorni in cui è soddisfatto del tempo sono davvero pochi; a fine aprile il tempo migliora e p. Bigongiari scrive che la campagna si è svolta a meraviglia e promette molto bene, ma subito aggiunge: ci vorrebbe un poco di acqua, essendo il terreno molto asciutto e secco. Speriamo che Iddio nella sua misericordia ce la manderà. E poco dopo si lamenta… perché ne ha mandata troppa.

Il 4 ottobre 1909 è la festa di S. Francesco e il Nostro scrive: ma che stagione! È una mattinata magnifica! Nei giorni passati è venuto un giorno bello e un giorno d’acqua. Per cui l’uva è cresciuta e maturata benissimo. È un piacere vederla! Iddio sia benedetto e ringraziato. Alle 10 si canta la Messa e alle 4 del pomeriggio il Vespro. Il giorno successivo si comincia la vendemmia che dura due giorni; il 7 ottobre è finita. È pieno il tino grosso e due botti. La stagione è stata propizia; vedremo il vino. Dopo l’imbottatura si fanno i conti: 70 barili, ma è stata serbata dell’uva in gran quantità, per il vino scelto e per rigovernare l’usuale. Il raccolto del vino in generale è stato abbondante per tutti. Prima della raccolta non costava che pochissimo, tra 5 e 10 lire la soma, anche il buono. Anche adesso – scrive padre Pacifico – costa poco perché ve n’è tanto di vecchio da non avere vasi per mettere il nuovo. Anche al convento ne hanno di vecchio in buona quantità e per questo i frati decidono di fare pochissima questua.

Chi asserba… asserba al gatto, dice un proverbio; a novembre una scoperta poco piacevole: ci è andata a male – scrive padre Pacifico – una botte di 12 barili di vino di Gragnano, non è poco. Il superiore dei tempi lo faccia bere presto, perché non è sicuro.

Il 7 luglio 1910 scrive: fin qui il mese di luglio somiglia ottobre, aria fresca, torbato e ogni giorno una pioggia. Va male per i luoghi dei bagni e per quanto pare anche per la campagna. Iddio provveda.

Il 30 settembre principia la vendemmia. L’uva non è tanta e neppure tanto bella; però è matura. Già il 1 ottobre la vendemmia 1910 è finita; il tino è quasi pieno e dopo l’imbottatura si tirano le somme: 50 barili; però se n’è lasciata molta per rigovernare il vino e per fare un poco di scelta.

Il 3 aprile 1911 scrive: Terzo aprilante …..quaranta dì durante!