Il chiostro
Il vero “cuore” del convento è il chiostro: ampio cortile porticato intorno al quale si stringe l’edificio conventuale e dal quale si può accedere ai vari ambienti che su di esso si affacciano.
Il chiostro non ha subito, nel tempo, modificazioni di rilievo, come ci conferma anche l’architetto Toti Salvetti nella sua relazione, così che, ancora oggi, mantiene le caratteristiche originarie, dandoci la possibilità di rivivere l’antica atmosfera che qui regnava, silenziosa e raccolta. Di sicuro non è gradevole la pavimentazione in graniglia di cemento, realizzata negli anni ’60 del secolo scorso, che ha coperto l’antico impiantito di cotto, usurato e danneggiato dal tempo, tutt’ora visibile in alcuni saggi che sono stati fatti.
Il chiostro è un vasto quadrilatero “di circa 29 braccia” per lato, con al centro una cisterna fabbricata nel 1551; un camminamento coperto destinato alla meditazione ed alla ricreazione dei frati. Il “braccio” fiorentino corrispondeva a 58,32 cm. Il chiostro tutto intorno è delimitato da pilastri in laterizio, poggianti su un basso muro e completati da caratteristiche basi e capitelli in arenarie, questi ultimi decorati con foglie stilizzate. Sui pilastri insistono archi a tutto sesto e volte a crociera costituiscono la copertura del porticato. I pilastri sono diciotto singoli, di forma ottagonale; mentre otto si trovano nei quattro angoli. Il capitello del ventitreesimo pilastro (davanti alla porta del capitolo), rispetto agli altri, ha una simbologia più curata e porta incisa la data: MDL (1550). I pilastri, che erano intonacati, sono stati scalpellinati, attorno al 1970 in modo assai approssimativo.
L’interno del chiostro, con al centro il pozzo, come quello di tanti altri conventi, è diviso in quattro parti che, un tempo, servivano per tenere a dimora, separatamente, i fiori per la chiesa, le piante aromatiche e le piante medicinali.
All’attualità la Misericordia ha avviato un progetto di restauro complessivo di tutto il chiostro, che riguarda sia le pitture murali (lunette) che le murature e si provvederà anche al ripristino degli intonaci delle colonne in laterizio, così come espressamente chiede la Soprintendenza, che segue gli interventi attraverso la Dottoressa Antonia d’Aniello.
Il chiostro è decorato con 29 lunette, dove sono rappresentate scene della vita del Santo di Assisi.
La prima scena, che raffigura la nascita del Santo, si trova sopra la porta laterale di ingresso alla chiesa e le illustrazioni degli episodi più salienti della vita di Francesco (anche con più scene su una singola lunetta) proseguono in senso orario.
Dalle Cronache sappiamo che i frati decisero di dipingere il chiostro nell’anno 1627 durante il guardianato di Padre Stefano da Pariana, come testimonia la richiesta fatta ai superiori di poter avere questa tipica decorazione dei chiostri francescani. All’idea di affrescare i chiostri con la vita del Santo Fondatore di sicuro non era estranea l’idea dello stesso Francesco che ogni credente, entrando in una chiesa (o in un chiostro come nel caso nostro) potesse avere, attraverso affreschi e pitture, una “predica”, in una sequenza di immagini bibliche; e quale migliori “prediche” potevano esserci rispetto agli episodi più significativi della vita del “Poverello” di Assisi”?! La richiesta di affrescare il chiostro del Borgo era firmata da tutti i frati del convento, che erano in quel tempo (1627) in numero di 14. Per poter iniziare i lavori si dovette attendere qualche anno e, finalmente, fu chiamato il Maestro Domenico Manfredi di Camaiore che realizzò il lavoro in due anni, dal 1635 al 1637. Per prime furono dipinte le lunette nelle parte adiacente la chiesa (lato est), poi quelle dalla parte del refettorio (lato ovest) ed infine gli altri due lati. Sulla prima lunetta la data di inizio della pittura è indicata con numeri romani (MDCXXXV) sullo stemma della “Comunità del Borgo”, mentre il nome del pittore, di cui parlano le Cronache, sicuramente, è andato perduto quando fu aperto il nuovo acceso laterale della chiesa, che ha tagliato parte di quella lunetta. Sulla seconda lunetta è ripetuta la data del 1635, mentre sulla decima lunetta (lato sud) e sulla ventottesima (lato nord) è riportata la data del 1636; sulla ventiseiesima, che si trova alla porta dell’aula capitolare (sempre nel lato nord), è indicata la probabile data di fine lavori, con la scritta: “MDCXXXVII 16 Kalendas Augusti“.
Durante i primi lavori di restauro delle pitture e delle murature del chiostro, sul lato adiacente la chiesa, sono state scoperte due porticine di accesso al luogo sacro che, dopo l’apertura dell’ingresso più ampio, sotto la prima lunetta, erano state murate; entrambe sono state riaperte ed opportunamente valorizzate come preziose testimonianze.
Le Cronache indicano, come pittore, il maestro Domenico Manfredi di Camaiore; in tempi recenti, ai piedi della 17a lunetta, quella che sovrasta la porta di accesso ai refettori ed al giardino, è stata riscoperta, nella parte bassa della pittura la seguente scritta, ben decorata: “Iuliano da Sesto / Collodi Abitat / A. 1637”; potrebbe trattarsi di un pittore che ha collaborato con il Manfredi, magari nella parte finale del lavoro, conclusosi proprio nel 1637; ma di questo nome non c’è traccia nei documenti e, pertanto, questa è solo un’ipotesi.
Francesco Maria Pellegrini nel suo libro ci offre una bella descrizione della decorazione del chiostro, che definisce “un vasto rettangolo caratteristico per le spaziose arcate”. Degli affreschi realizzati tra gli anni 1635 e 1637 scrive: “vediamo il Serafico Poverello di Assisi, sdegnoso degli avidi guadagni, unirsi a una schiera di fraticelli, farsi un nido nella chiesa della Porziuncula, calpestare coi sandali il verde suolo dell’Umbria, predicare ovunque la pace e l’amore del prossimo. A questi dipinti concorsero il Comune e i benefattori, e quel chiostro può dirsi il libro d’oro del paese, perché quei sacerdoti riconoscenti, vi vollero effigiare gli stemmi dei benefattori”.
A proposito delle famiglie dei benefattori si può citare una curiosità: sulla ventottesima lunetta (lato nord), quella del funerale del Padre Serafico, restaurata nel corso del 2013, c’è dipinto lo stemma dei Santini e il nome di “Lorenzo Santini”; anche il restauro ottocentesco, venuto alla luce, risulta fatto dalla stessa famiglia e il nome del benefattore è “Filippo Antonio Santini”.
I lavori di restauro del chiostro già richiamati hanno avuto un primo contributo dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca oltreché da alcuni privati (Maria Labati, la defunta Auretta Landi e Gruppo Alpini di Treviolo) e sono stati affidati ai restauratori Lorenzo Lanciani di Barga e Michele Martinelli di Valdottavo che, da tempo, collaborano con la Misericordia nei progetti di restauro.
Di grande aiuto nelle fasi di restauro delle lunette è stato, dopo circa 90 anni, Francesco Maria Pellegrini, l’infaticabile autore di quel “testo sacro” sulla storia di Borgo a Mozzano e Pescaglia più volte citato; lo stesso infatti, negli anni ’20 del secolo scorso, annotò in un libricino i semplici schizzi delle armi (stemmi) di chi concorse alle spese per la pittura delle lunette e ai successivi restauri ottocenteschi. Quelle immagini sono state e saranno preziose per procedere agli attuali restauri dei dipinti, che il trascorrere del tempo e l’incuria degli uomini ha resto talvolta illeggibili.
Nei resoconti di cassa del convento del maggio 1911 si trova scritto che furono spese £. 10,00 per due “opre” ad un non meglio identificato “pittore” per “lavare le pitture del chiostro”.