Spezieria e infermeria
Il convento, rispetto alla struttura originale, formata da chiesa e quadrilatero attorno al chiostro, ha avuto: l’ampliamento della cappella di S. Elisabetta e della biblioteca; la giunta ed il rialzamento verso settentrione e verso il giardino; e la costruzione dell’edificio verso sud, accanto all’ingresso, nato come spezieria/infermeria, nella seconda metà del secolo XVII, poi conosciuto come foresteria e, infine, in tempi recenti, dopo l’affidamento dell’immobile alla Misericordia, abitazione del custode e poi “centro diurno”.
La necessità di una infermeria era molto sentita, come testimonia anche il Brandeglio nel suo “Libro” e, prima ancora della costruzione della nuova ala del convento, erano state sistemate a questo scopo, dopo il 1623, alcune celle dei dormitori. Con una lettera del 16 settembre 1623, citata dall’Architetto Toti Salvetti nella sua Monografia, Frate Gentile da Bagno, “Custode di Governo”, invitava i frati del Borgo ad usare qualche stanza del convento per tenervi medicinali ed anche per curarvi ammalati, “prudentemente e con carità fraterna tanto raccomandataci dal Padre San Francesco”. Detta missiva era indirizzata al guardiano del Borgo Padre Antonio da Fivizzano. Prima i frati, per potersi curare dovevano andare, con molto disagio e pericolo di peggioramento della malattia durante il viaggio, al convento di S. Cerbone a Lucca, che aveva una infermeria; cosa che viene confermata, sempre nella lettera del 16 settembre 1623, dove il Padre Custode scrive: “Voglio che (chi) a bisogno vada all’Infermeria di S. Cerbone… ”.
Vennero dunque scelte per essere adibite alla nuova funzione due stanze del dormitorio, nel lato opposto alla chiesa, cioè la cosiddetta “stanza del segretario” e la cella adiacente, rese comunicanti per mezzo di una porta. Queste due stanze si dimostrarono in breve tempo insufficienti alle necessità e così, il 7 settembre 1627, sotto il guardianato di Padre Stefano da Pariana, fu chiesta e poi ottenuta, licenza dai superiori per spostare la spezieria nella stanza vicina alla porta del convento. Con l’occasione fu ottenuto anche il permesso di costruire un portico vicino al muro dell’“ortino della canova” per necessità di detta spezieria. Il suddetto portico è attualmente utilizzato come serra, essendo stato chiuso, da molti decenni con infissi di ferro e vetro. Le celle prima occupate vennero destinate a foresteria. Anche la nuova sistemazione fu giudicata dai frati “angusta e piccola”; per risolvere il problema, fu deciso un ampliamento del convento e, nel 1657, frate Francesco da Benabbio fece costruire quella parte di fabbricato aggettante a sud, a destra dell’ingresso del convento, che aveva stanze sopra e sotto e “nella sommità un portico… che riguardava verso la strada del Crocifisso Maestro”. Del portico sulla sommità non rimangono tracce, ma già nel 1695 viene descritto in rovina dal Brandeglio.
Come si dirà più avanti, a parte le cinque stanze del piano superiore, destinate a Noviziato, al piano terra del nuovo edificio continuò a funzionare la spezieria e l’infermeria. Nella nuova ala si poteva entrare, oltreché dall’esterno, anche da una porta che si apriva, prima a sinistra, entrando nel chiostro, tuttora esistente. Da lì, passando in un corridoio, si raggiungeva un primo ambiente, dove si trovava un camino per poter cucinare e la scala che portava al piano superiore, direttamente al dormitorio, senza passare per il noviziato. La spezieria del convento del Borgo, come dicono le Cronache, non era come quella dell’Araceli o di S. Francesco di Massa, ma per i Padri del convento e della Custodia essa era la migliore e nulla vi mancava. Sono registrati una quantità di vasi, di sostanze e suppellettili. Ciò era dovuto, ci dice la Toti Salvetti nella sua Monografia, soprattutto alla bravura e impegno di alcuni speziali che vi avevano lavorato, come frate Matteo di Lucca, frate Benedetto di Pescaglia e frate Antonio di Dezza.
Anche il Pellegrini, nel suo libro, ci parla della “farmacia” del convento e degli speziali. Riferendo le “cronache del Santini di Cerreto di Sotto” ci dice che i frati francescani tenevano “una piccola farmacia con uno speziale, ma avendolo, nel 1780, licenziato, furono dall’Illustrissimo Magistrato, obbligati a richiamarlo in Convento”. Da un successivo passo di quelle “cronache” si apprende che questo bravo speziale era “Fra Arsenio da Tereglio” che “nel 1780 risiedeva nel Convento dei Francescani come aromatorio”.